Leonardo Bruni
Leonardo Bruni nel saggio De interpretatione recta (Sull’interpretazione giusta, trad. di RM) degli inizi del Quattrocento non ha soltanto descritto quali dovessero essere le virtù del traduttore, ma in primo luogo quelle dell’interprete. E il traduttore di fatto altro non è che un interprete, di ambito non solo linguistico, ma interlinguistico, ossia di due mondi linguistici, quello della lingua di partenza e della lingua di arrivo. Ciò che Bruni pone al centro delle abilità dell’interprete e quindi del traduttore è la comprensione del significato del linguaggio nel modo più profondo, non solo del livello esegetico popolare e della quotidianità. L’interprete, oltre a spiccate doti di intuitività e al possesso di ampia cultura, doveva per Bruni possedere la facoltà principe dell’intelligenza, la capacità di dimostrare e spiegare, detto in termini più recenti: di falsificare le ipotesi esegetiche, quindi di dimostrare la correttezza delle stesse e, all’occorrenza, l’erroneità delle interpretazioni linguistiche e interlinguistiche presenti sul mercato culturale. Il breve saggio è considerato il manifesto dell’Umanesimo Italiano, al quale si collega aggiornandolo il Manifesto del Secondo Umanesimo Italiano ® pubblicato in cartaceo e su internet – vedi tra l’altro www.accademiaitalianameqrima.it.